Vitamina D benefici: Tutto quello che vorresti sapere sulla vitamina D: la vitamina d cos’è e dove si trova, cosa significa carenza di vitamina D, vitamina d benefici da scoprire e come sceglierla.
Le patologie degenerative dell’apparato scheletrico molto sinteticamente possono essere ricondotte, per lo meno dal punto di vista di un efficace intervento fitoterapico, alle alterazioni del metabolismo del calcio e alle sostanze a questo collegate (fosforo, silicio, fluoro e al gruppo di steroli che va sotto il nome di vitamina D).
La carenza di vitamina D è una condizione molto diffusa nella popolazione generale in diverse aree geografiche, anche se tale fenomeno è generalmente sottovalutato. Numerose evidenze sperimentali e cliniche dimostrano come la carenza di vitamina D rappresenti non soltanto un importante fattore condizionante la salute scheletrica, ma anche una possibile concausa nella patogenesi di numerose malattie croniche.
Anche se la carenza vitaminica può essere evidenziata in tutte le età della vita, è la popolazione anziana ad esserne più frequentemente soggetta. Infatti, la maggior parte della produzione vitaminica dipende dall’esposizione al sole e soltanto in minima parte dalla quota assunta con l’alimentazione, cosicché le categorie più a rischio di insufficienza sono quelle con limitata esposizione alla luce del sole e cattivo stato nutrizionale. Si comprende quindi come gli anziani siano la classe più esposta agli effetti dannosi della deficienza vitaminica, a causa degli stili di vita e conseguente minore capacità di produrre vitamina D.
Cos’è la vitamina D e da dove proviene
Il termine “vitamina D” fa riferimento ad un gruppo di cinque pro-ormoni liposolubili dei quali però solo due hanno rilevanza fisiologica:
- l’ergocalciferolo (vitamina D2), che deriva dall’ergosterolo presente nelle piante,
- il colecalciferolo (vitamina D3) prodotto dal 7-deidrocolesterolo, presente nella cute e precursore e derivato del colesterolo che in seguito all’assorbimento della luce UV (irraggiamento solare) va incontro ad una serie di cambiamenti conformazionali e si trasforma in provitamina D3, che poi il calore converte in vitamina D3. Tuttavia, con l’avanzare degli anni si riduce la capacità cutanea di produrre colecalciferolo, il che rappresenta uno dei motivi principali che espongono particolarmente gli anziani al rischio di sviluppare uno stato carenziale.
Solo il 10% della vitamina D viene fornito dalla dieta, il restante 90% viene prodotto a livello cutaneo grazie all’esposizione al sole. La vitamina D è contenuta in quantità apprezzabile solo in pochi alimenti di origine animale: alimenti che contengono vitamina D sono il fegato del merluzzo, il filetto dei pesci grassi (aringa, salmone), trota, pesce azzurro fresco, in particolare lo sgombro, il latte intero, il burro, alcuni formaggi a pasta dura e le uova.
La vitamina D viene assorbita a livello intestinale con le stesse modalità delle altre sostanze di natura lipidica presenti negli alimenti. In diversi tessuti, tra cui il fegato, la vitamina D viene idrossilata a 25-idrossicolecalciferolo e come tale entra nella circolazione sanguigna legata ad una specifica proteina di trasporto. A livello renale la 25-idrossicolecalciferolo viene idrossilata a 1,25-diidrossicolecalciferolo (la forma biologicamente attiva della vitamina) o a 24,25-diidrossicolecalciferolo (la forma inattiva della proteina). Bassi livelli di calcio e/o fosforo stimolano la sintesi di 1,25-diidrossicolecalciferolo, mentre elevati livelli di calcio quella della 24,25-diidrossicolecalciferolo. A differenza di altre vitamine liposolubili la vitamina D non viene immagazzinata nel fegato.
La vitamina D: benefici da scoprire
Vitamina D benefici a volontà! Infatti:
- stimola l’assorbimento intestinale del calcio e del fosforo, il riassorbimento a livello renale del calcio e i processi di mineralizzazione ossea;
- è coinvolta (in forma di 1,25 diidrossicolecalciferolo) nella regolazione dei processi di proliferazione e differenziazione cellulare; in particolare sembra stimolare la differenziazione degli osteoclasti nell’osso e dei cheratinociti nell’epidermide;
- esplica un’azione antiproliferativa in diversi tessuti tra cui l’epidermide e le cellule tumorali in coltura (è stato ad esempio dimostrato che la Vitamina D previene il tumore al colon retto e che migliora la sopravvivenza in persone che già hanno il tumore);
- sottoforma di 1,25-diidrossicolecalciferolo si lega al recettore formando così un complesso che induce la biosintesi di proteine di trasporto del calcio. Le proteine di trasporto del calcio dipendenti dalla vitamina D sono presenti in numerosi distretti corporei tra cui l’intestino, i reni, lo scheletro. L’ 1,25-diidrossicolecalciferolo, la forma attiva della vitamina D, può essere considerato un ormone. La vitamina D regola il metabolismo del calcio nel nostro organismo insieme ad altri due ormoni: il paratormone (PTH od ormone paratiroideo, che mobilizza il calcio dalle ossa e aumenta l’escrezione urinaria di fosfato), la calcitonina (meglio definibile come tireocalcitonina perché secreta dalle cellule parafollicolari della tiroide: abbassa il livello ematico di calcio e fosfato e inibisce il riassorbimento di osso). È anche noto che l’assorbimento e l’utilizzazione del calcio viene influenzato dai livelli plasmatici di Ca(2+) e di PO4(2–) e dalla presenza di vitamine D3.
Livelli di assunzione raccomandati
In condizioni normali l’esposizione alla luce solare è sufficiente per soddisfare il fabbisogno di vitamina D dell’organismo. La 25-idrossivitamina D, o calcifediolo, è la forma dell’ormone più presente in circolo ed è il precursore inattivo della forma attiva, 1,25- diidrossivitamina D. A causa della sua lunga emivita e alta concentrazione, la 25-idrossivitamina D viene comunemente misurata per monitorare lo stato vitaminico D nel paziente.
Secondo l’AIFA l’intervallo di valori di calcifediolo compresi tra 20 e 40 ng/mL viene considerato come il “range desiderabile”, infatti, per valori superiori ai 20 ng/mL si considera garantita l’efficacia per gli esiti scheletrici e per valori inferiori ai 40 ng/mL si considera garantita la sicurezza, non essendovi rischi aggiuntivi.
Valori indicativi di carenza di vitamina D sono individuati, invece, per valori di calcifediolo inferiori a
20 ng/mL e con questi valori è giustificato l’inizio della supplementazione di vitamina D.
L’approccio più fisiologico della supplementazione con vitamina D è quello giornaliero col quale
sono stati realizzati i principali studi che ne documentano l’efficacia. Una volta verificato il raggiungimento di valori di normalità essi possono essere mantenuti con dosi inferiori, eventualmente anche in schemi di somministrazione intervallati con una pausa estiva. Il controllo sistematico dei livelli di calcifediolo non è raccomandato a meno che cambino le condizioni cliniche.
Quando eseguire la misurazione dei livelli di vitamina D?
Il dosaggio del calcifediolo circolante è il parametro unanimemente riconosciuto come indicatore affidabile dello status vitaminico e tale dosaggio dovrebbe essere eseguito quando:
- esiste almeno un sintomo persistente suggestivo per carenza di vitamina D:
– sintomi di osteomalacia come dolenzia in sedi ossee o dolore (anche pulsante) lombosacrale, pelvico o agli arti inferiori; senso di impedimento fisico; dolori o debolezza muscolare (anche di grado elevato) soprattutto ai quadricipiti ed ai glutei con difficoltà ad alzarsi da seduto o andatura ondeggiante;
– dolore diffuso di lunga durata;
– propensione alle cadute immotivate; - è prevista una terapia di lunga durata con farmaci interferenti col metabolismo della vitamina D (antiepilettici, glucocorticoidi, anti-retrovirali, anti-micotici, colestiramina, orlistat) oppure esiste una condizione di malassorbimento.
- esiste un problema osseo accertato (osteoporosi, osteomalacia o malattia di Paget) che può beneficiare dal trattamento con vitamina D o che necessità di terapia remineralizzante.
- esiste un riscontro di PTH elevato con livelli di calcio ematico normali o bassi.
Carenza di Vitamina D: cause e sintomi
Livelli plasmatici di calcifediolo inferiori a 5 ng/l (o 12,5 nmoli/l) determinano la comparsa di sintomi carenziali. Una carenza di vitamina D acquisita può essere dovuta a vari fattori:
- età avanzata,
- malassorbimento,
- stile di vita caratterizzato da lunghe giornate in luoghi chiusi, con scarsa esposizione all’aria aperta e quindi al sole,
- insufficienza renale,
- anticonvulsivanti,
- inadeguata assunzione di vitamina D con la dieta,
- fototipo (le persone con la pelle scura hanno necessità di una maggiore esposizione al sole rispetto alle persone con pelle chiara al fine di produrre vitamina D) ed eccessivo utilizzo di creme solari,
- disordini ereditari del metabolismo della vitamina D (deficit di 1 alfa idrossilasi o resistenza all’azione della vitamina D)
La carenza di vitamina D è associata a questi sintomi:
- alla riduzione dell’assorbimento intestinale del calcio (si verifica riduzione della concentrazione sierica di calcio e fosforo),
- all’aumento della secrezione di paratormone (PTH) (si verifica iperparatiroidismo secondario e aumento della fosfatasi alcalina nel siero),
- all’incremento del turnover osseo, all’osteoporosi, all’aumento del rischio di fratture femorali e non femorali.
La carenza vitamina d: sintomi più comuni sono debolezza e dolore muscolare, compromissione della performance fisica, facile tendenza a cadere; le correlazioni esistenti tra stato vitaminico D e attività muscolare sono fondate sull’evidenza che i muscoli posseggono i recettori per la vitamina D. Nella sua espressione più severa la carenza di vitamina D determina l’osteomalacia, nei bambini il rachitismo.
Carenza di vitamina d: Osteoporosi, Osteomalacia, rachitismo
L’osteoporosi è una malattia dovuta a un’eccessiva demineralizzazione dell’osso, che diventa molto fragile e predisposto alle fratture.
È noto che dalla nascita in poi lo scheletro si accresce e aumenta il suo patrimonio in termini di densità minerale fino a raggiungere un valore massimo (definito “picco di massa ossea”) intorno ai 30-35 anni, fino ai 40 anni viene mantenuta una condizione di equilibrio tra riassorbimento osseo e neo apposizione; poi la densità minerale dello scheletro inizia a decrescere lentamente. Al momento della menopausa, nella donna la perdita di osso avviene molto più rapidamente, perché le ovaie non sono più in grado di produrre gli estrogeni, ormoni importantissimi per il mantenimento dell’equilibrio dello scheletro. La carenza di estrogeni favorisce il riassorbimento osseo a scapito della neoformazione, così che la densità minerale ossea subisce un importante decremento. Nell’uomo, tale processo è più lento e lineare, ma progredisce con l’età, così che entrambi i sessi in età più avanzata sono a rischio di osteoporosi.
L’osteomalacia è una malattia dello scheletro caratterizzata da una difettosa mineralizzazione, con accumulo nell’osso di matrice (osteoide) non mineralizzata. L’osso così formato è più debole e molle del normale e subisce deformazioni con il carico (p.es. gambe incurvate). Il termine osteomalacia si riferisce alla malattia dell’adulto, che si sviluppa dopo la fine della crescita. La forma più frequente di osteomalacia è dovuta ad una carenza di vitamina D, che può essere determinata da ridotta produzione nell’organismo, malassorbimento, malattie epatiche, terapie anticonvulsivanti croniche. Meno frequenti sono le osteomalacie dovute a alterato metabolismo della vitamina D, resistenza all’azione della vitamina D, ipofosforemia e ipofosfatasia.
Il termine rachitismo è usato invece per lo scheletro ancora in crescita, in cui il difetto di mineralizzazione riguarda sia l’osso sia la cartilagine epifisaria.
Eccesso di livelli e sintomi
In caso di eccesso di vitamina D si riscontra un aumento dei livelli plasmatici di 25-idrossicolecalciferolo, mentre quelli di 1,25-diidrossicolecalciferolo rimangono invariati. In particolare, livelli plasmatici di 25-idrossicolecalciferolo superiori a 100 ng/l (o 150 nmoli/l) determinano la comparsa di segni di intossicazione (nausea, vomito, diarrea, ipercalcemia, ipercalciuria, nefrocalcinosi e calcificazione dei tessuti molli).
Vitamina d benefici: quale scegliere
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Fonti:
- Fondamenti di nutrizione umana, A. Costantini, 2009
- Studi analitici e farmacologici sulla 25-idrossivitamina D (2011)
- Mineralization of Bones in Osteoporosis and Osteomalacia, Walaa Fikry Elbossaty, Department of Chemistry, Biochemistry Division, Faculty of Science, Damietta University, Damietta, Egypt, 2017
- Somministrazione di vitamina D per la prevenzione dell’osteoporosi: una scelta basata sull’evidenza? Gian Loreto D’Alò1, Marco Ciabattini1, Roberto Da Cas2 e Giuseppe Traversa2, 1 Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”; 2Centro Nazionale per la Ricerca e la Valutazione Preclinica e Clinica dei Farmaci, Istituto Superiore di Sanità, Roma, 2018
- Osteomalacia e rachitismo, Lega italiana osteoporosi onlus
- Osteoporosi e malattie metaboliche dell’osso pp 199-214, C. Albanese, Ed. Springer