Il fegato è l’organo metabolico centrale del corpo e ha una notevole capacità rigenerativa. Traumi, attacchi virali e tossici possono facilmente portare al danno epatico, che attiva gli epatociti quiescenti e li riporta nella fase di proliferazione cellulare. Quando l’iperplasia compensatoria degli epatociti attivati è insufficiente a ripristinare la massa epatica, le cellule staminali/progenitrici del fegato iniziano a proliferare e a differenziarsi per svolgere una funzione rigenerativa alternativa (Kholodenko e Yarygin, 2017). Tuttavia, la capacità di rigenerazione del fegato è solitamente compromessa nelle malattie epatiche come il fegato grasso, l’epatite e l’insufficienza epatica post-epatectomia.
La rigenerazione e la riparazione del fegato sono modulate da un sistema complesso. È stato osservato che alcuni componenti naturali attivi potrebbero promuovere la rigenerazione del fegato.
Come avviene il processo di rigenerazione epatica e come viene studiato
- Il processo della rigenerazione epatica
La rigenerazione epatica è principalmente motivata dalla proliferazione degli epatociti e comprende tre fasi:
FASE DI PRIMING: durante le situazioni fisiologiche, gli epatociti si trovano in una fase quiescente (fase G0). Dopo la stimolazione del danno esterno, gli epatociti passano dalla fase G0 alla fase G1 con l’aiuto di alcune citochine, come il fattore di necrosi tumorale-α (TNF-α) e l’interleuchina-6 (IL-6): questo processo è chiamato fase di priming.
FASE PROLIFERATIVA: con la stimolazione da parte di fattori di crescita, gli epatociti subiscono una transizione di fase G1/S, per poi completare la mitosi guidata da una serie di ciclina e chinasi proteina-dipendenti del ciclo cellulare (CDK) (Ramboer et al., 2014).
FASE DI TERMINAZIONE: una volta ripristinate la massa e la funzionalità epatica, gli epatociti smetteranno di proliferare sotto l’azione della superfamiglia di proteine del fattore di crescita trasformante β (TGF-β): si tratta della fase terminale della rigenerazione epatica.
In queste 3 fasi, un gran numero di fattori interagiscono per avviare e regolare la rigenerazione epatica; i più importanti sono: citochine, fattori di crescita e segnali metabolici (Fausto et al., 2006).
2. Processo di Rigenerazione epatica: i modelli sperimentali usati per lo studio
Al momento, gli scienziati usano in particolare 2 diversi modelli sperimentali per studiare le vie di segnalazione extracellulare e intracellulare della rigenerazione epatica:
MODELLO 1 – è l’epatectomia parziale (PH), in grado di visualizzare direttamente il recupero del fegato danneggiato. il modello PH viene utilizzato più frequentemente per studiare la rigenerazione epatica: in primo luogo perchè il tessuto asportato non è accompagnato da una necrosi estesa e la riparazione del fegato è mediata solo da meccanismi legati alla rigenerazione; in secondo luogo, perchè il processo di rigenerazione nel fegato avviene immediatamente e può essere utilizzato per prevedere l’entità della sua rigenerazione (Michalopoulos, 2010).
MODELLO 2 – è la rigenerazione epatica indotta da epatotossici, come il paracetamolo (APAP) e il tetracloruro di carbonio (CCl4), che portano a danno epatico ( epatite) e morte delle cellule parenchimali seguita da rigenerazione epatica (Palmes e Spiegel, 2004). I modelli di rigenerazione epatica indotta da epatotossici sono più facili da eseguire e hanno maggiore rilevanza clinica rispetto al PH perché esistono altre misure protettive nel complesso ambiente umano, come l’inibizione della produzione di metaboliti tossici.
Quali sono i meccanismi alla base della rigenerazione epatica?
- FASE 1 – PRIMING
Una lesione epatica può causare una serie di risposte infiammatorie. Alcuni fattori, come le molecole proinfiammatorie C3a, C5a e la molecola di adesione intercellulare (ICAM), si legano ai recettori di membrana sulle cellule di Kupffer e inducono l’attivazione della via di segnalazione NF-kB, che promuove la produzione di TNF-a e IL-6. Allo stesso tempo, il legame del TNF-α e del TNFR1 sulle cellule di Kupffer aumenta ulteriormente la produzione di citochine. Successivamente, IL-6 si lega ai recettori IL-6 sugli epatociti e attiva vie di segnalazione come JAK/STAT3, PI3K/Akt e MAPK, aumentando così l’espressione delle proteine associate alla proliferazione e avviando la rigenerazione del fegato. (Schaper e Rose-John, 2015; Valizadeh et al., 2019; Zimmers et al., 2003; Haga et al., 2009).
Altre citochine che hanno un ruolo nella rigenerazione epatica, sono: IL-1, IL-4, IL-18, il ligando 5 del motivo CC delle chemochine (CCL5) e CCL11. In sintesi, le citochine sono coinvolte nella regolazione dell’inizio della rigenerazione epatica attraverso varie vie di segnalazione (Figura 1). Sotto l’azione delle citochine infatti gli epatociti realizzano la transizione dalla fase G0 alla fase G1.
2. FASE 2 – Proliferazione
Gli epatociti dalla fase G1 successivamente entrano nella fase di proliferazione a causa della presenza di fattori di crescita: i ligandi del fattore di crescita degli epatociti (HGF) e del recettore del fattore di crescita epidermico (EGFR) sono mitogeni completi degli epatociti che stimolano direttamente la proliferazione degli epatociti.
3. FASE 3 – Interruzione della rigenerazione epatica
Attualmente, le molecole antiproliferative più studiate sono la superfamiglia delle proteine TGF-β (Tao et al., 2017). Il TGF-β esplica il suo effetto principalmente legandosi ai suoi recettori serina/treonina chinasi, con conseguente arresto della fase G1/S, modulazione della differenziazione, induzione dell’apoptosi e altri (Fabregat et al., 2016). Anche l’attivina A partecipa alla terminazione della rigenerazione epatica (Oe et al., 2004; Romero-Gallo et al., 2005): questa sostanza, aumentata 12 ore dopo il danno indotto, è considerata un regolatore negativo della rigenerazione epatica inibendo la sintesi del DNA indotta dai mitogeni, facilitando l’apoptosi e aumentando la produzione di fibronectina (Date et al., 2000; Menthena et al., 2011; Yasuda et al. , 1993).
Danno epatico e metabolismo
Il danno epatico induce catabolismo sistemico, come evidenziato dall’accumulo transitorio di grasso epatico, dall’ipoglicemia (dovuta alla diminuzione del contenuto di glicogeno epatico e della capacità gluconeogenica (Brinkmann et al., 1978)) e dall’aumento della richiesta di aminoacidi (Huang e Rudnick, 2014). Sono diverse le proteine molecolari coinvolte nella regolazione del metabolismo del glucosio per influenzare la rigenerazione del fegato, come la piruvato deidrogenasi chinasi 4 (Zhao et al., 2020), l’acquaporina-9 (Zhang et al., 2022) e Annessina A6 (Alvarez-Guaita et al., 2020). Numerosi studi hanno segnalato inoltre che il sistema di trasporto degli amminoacidi A svolge un ruolo unico nella rigenerazione del fegato, fornendo carburante di amminoacidi per specifiche reazioni biochimiche nel fegato e aumento del volume cellulare (Freeman et al., 1999).
Inoltre, livelli normali di acidi biliari sono essenziali per la riparazione del danno epatico. I livelli di acidi biliari sono significativamente elevati dopo il danno indotto. I sali biliari entrano negli enterociti e negli epatociti attraverso il trasportatore degli acidi biliari, che poi attiva il recettore FXR intestinale/epatico, il quale: inibisce la sintesi degli acidi biliari; regola l’espressione delle proteine di trasporto degli acidi biliari per ridurre la velocità di trasporto degli acidi biliari negli epatociti e accelerare l’escrezione degli acidi biliari, riducendo così la tossicità causata dall’elevata concentrazione di acidi biliari, stimola la proliferazione degli epatociti. Il recettore 5 accoppiato alla proteina G Takeda (TGR5) è il recettore di membrana specifico per gli acidi biliari e protegge il fegato residuo controllando l’infiammazione, la permeabilità della barriera epiteliale biliare, l’idrofobicità del pool di acidi biliari, il flusso sanguigno sinusoidale e inducendo la dilatazione della cistifellea (Bidault-Jourdainne et al., 2021; Merlen et al., 2020).
Come la fitoterapia può servire per la rigenerazione epatica: le piante
La Medicina Cinese Tradizionale ha nei millenni individuato, per la rigenerazione del fegato, queste 9 erbe: Schisandrae chinensis; Glycyrrhiza uralensis; Rehmanniae Radix; Bupleuri radix; Radix paeoniae rubra; Panax ginseng; Artemisia capillaries; Zingiber officinale; Rheum officinale.
Il Peumus boldus è usato per trattare le malattie epatiche nella medicina tradizionale cilena (Fernández et al., 2009).
Nella nostra letteratura europea, la pianta specifica per la rigenerazione epatica è il cardo mariano. In particolare, alla silimarina, suo principio attivo col quale l’estratto di cardo deve essere titolato come da Farmacopea, è riconosciuta attività epatoprotettrice ed un’azione rigeneratrice a livello dell’epatocita.
Come la fitoterapia può servire per la rigenerazione epatica: i principi attivi
LIGNANI – Lo schisandrolo B, il principale lignano bioattivo isolato da Schisandra sphenanthera, può promuovere la rigenerazione epatica inibendo la via p53/p21 e aumentando l’espressione della rigenerazione epatica e delle proteine correlate agli antiapoptotici (Jiang et al., 2015). Inoltre, lo Schisandrolo B promuoverebbe in modo significativo il ripristino della massa epatica nonché potrebbe sovraregolare la citochina (IL-6), i fattori di crescita (HGF e EGF) e le proteine proliferative (ciclina D1 e PCNA), probabilmente attraverso STAT3/Akt /Percorso di segnalazione MAPK (Li et al., 2018b).
POLIFENOLI – Il resveratrolo, un composto polifenolico ricco di vino rosso e arachidi, facilita la rigenerazione del fegato aumentando i livelli di PCNA, Ki67, ciclina D1 e CDK4 attraverso la via di segnalazione SIRT1/p53 (Wang et al., 2015). SIRT1 deacetila p53 in modo NAD+-dipendente per inibirne l’attività di trascrizione, a sua volta, per regolare la risposta rigenerativa epatica. Il trattamento con acido rosmarinico invece accelera il ripristino della massa epatica in seguito al PH, aumenta i livelli di espressione di PCNA e il rapporto degli epatociti binucleari attraverso l’attivazione della via mTOR/S6K (Lou et al., 2016).
FLAVONOLIGNANI: a questa famiglia appartiene la silimarina, un 2-fenilcromanone derivato dalla condensazione della taxifolina e alcol coniferilico, che costituisce il principio attivo dell’estratto dei frutti di Sylibum marianum. Per esplicare l’effetto desiderato dunque, l’estratto di cardo mariano migliore è quello che la contiene con la titolazione corretta. La silimarina, costituita da 3 stereoisomeri (silibina, silidianina, silicristina), risulterebbe che:
1. acceleri il processo di rigenerazione del parenchima epatico in quanto aumenta la sintesi di RNA per stimolazione d’attività dell’RNA polimerasi;
2. acceleri, nell’intossicazione da tetracloruro di carbonio, la normalizzazione del quadro enzimatico e diminuisca l’azione lesiva del tetracloruro di carbonio se somministrato contemporaneamente;
3. intervenga positivamente sulle lesioni lisosomiali e mitocondriali da etanolo, riportandoli alla normale struttura e stimolando la sintesi proteica compromessa anch’essa nelle lesioni da alcool;
4. limiti, nell’epatite virale Saba P. et al. (1979), attraverso la protezione delle membrane epatocitarie, l’aggancio dell’agente virale ai recettori cellulari situati esternamente alle membrane citoplasmatiche, riducendo il numero di epatociti parassitati e quindi il danno parenchimale ed i livelli di transaminasi. La silimarina inoltre possiede un sito d’azione sulla membrana cellulare dell’epatocita che impedisce o rende assai difficile la penetrazione delle sostanze tossiche all’interno della cellula.
Nel corso di un’affezione epatica gli epatociti possono presentare un diverso grado di alterazione: mentre per le cellule che sono andate incontro a modificazioni irreversibili la silimarina risulta inefficace, per le altre cellule questa sostanza esplica un’azione stimolante sulla sintesi proteica che si traduce nell’accelerazione del processo di rigenerazione. In effetti esisterebbe un secondo sito d’azione a livello del nucleo, dato che la silimarina aumenta l’attività della polimerasi A, stimola l’acido ribonucleico e favorisce la sintesi intracellulare. La silimarina agisce quindi come “protettore di membrana” tramite blocco dei siti recettoriali di membrana: impedisce l’ingresso di altre tossine, determina una diminuzione del ricambio dei lipidi di membrana e inibizione della formazione dei perossidi, stimolazione della sintesi dell’RNA e protezione del nucleo a cui consegue un aumento dei processi riparativi a livello della cellula epatica se il processo degenerativo è ancora reversibile.
SAPONINE – Le saponine, come prodotti naturali di origine vegetale, si trovano ampiamente nella Dioscorea e in Panax ginseng e sono classificate in saponine triterpeniche e saponine steroidee in base alla loro struttura chimica. La dioscina è una saponina steroide vegetale e ha effetti protettivi contro le malattie del fegato (Wu e Jiang, 2019). Dopo il danno indotto (PH), la dioscina ha aumentato notevolmente i livelli di espressione della ciclina D1, ciclina E1, CDK4, CDK2 e i livelli di mRNA di EGFR e VEGF attraverso l’attivazione del percorso Notch1/Jagged1 (Xu et al., 2018a). Dopo il legame con il recettore di Jagged1, Notch1 viene tagliato dal complesso γ-secretasi, portando alla traslocazione nucleare del dominio intracellulare Notch1 (NICD1). Quindi, NICD1 può indurre la trascrizione dei geni bersaglio di Notch, inclusi i geni correlati alla proliferazione e al ciclo cellulare (Morell et al., 2013). Allo stesso modo, la saponina di Panax ginseng mostra capacità pro-rigenerativa simili a quelle della dioscina ed inoltre ha dimostrato di promuovere la proliferazione degli epatociti attivando la via PI3K/AKT/mTOR (Zhong et al., 2019).
TERPENOIDI – L’Alisol B 23-acetato (AB23A) è un triterpenoide tetraciclico naturale presente nel rizoma di Alismatis. AB23A ha promosso la proliferazione degli epatociti e attenuato il danno istologico epatico indotto dal PH sovraregolando l’espressione di FoxM1b, ciclina D1 e ciclina B1 attraverso l’attivazione di FXR. Inoltre, AB23A ha protetto gli epatociti dai danni regolando i livelli di acidi biliari dopo il PH (Meng et al., 2014). Inoltre, anche altri composti terpenoidi come il carvacrolo (Uyanoglu et al., 2008), la glicirrizina (Kimura et al., 2008) e il geraniolo (Canbek et al., 2017) migliorano le lesioni rigenerazione del fegato.
FLAVONOIDI – La miricitrina e la taxifolina sono flavonoidi presenti in natura che proteggono l’epatocellulare danneggiato attraverso diversi meccanismi, come la soppressione dello stress ossidativo, la risposta infiammatoria e l’apoptosi. Inoltre, la miricitrina ha aumentato significativamente i livelli di mRNA dei geni correlati alla proliferazione (ciclina D1 e ciclina E1) e ha migliorato la proliferazione degli epatociti nel gruppo di riperfusione dell’ischemia epatica (I/R) attraverso la via di segnalazione PI3K/Akt/mTOR (Shen et al., 2020) , mentre la taxifolina regola la segnalazione PI3K/Akt, promuovendo così la rigenerazione del fegato danneggiato (Salama e Kabel, 2020). Inoltre, Kanter, M et al. hanno scoperto che la quercetina ha avuto un effetto benefico sulla capacità rigenerativa del fegato residuo del tessuto epatico dopo epatectomia, probabilmente a causa delle sue proprietà antiossidanti, antiapoptotiche e proliferative (Kanter et al., 2016).
Dott.ssa Laura Comollo
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