Gemmoderivati cosa sono. Scopri cosa sono i gemmoderivati, come si utilizzano e alcuni consigli professionali.
I gemmoderivati, termine corrente con il quale si definisce questa forma galenica, sono preparati a partire da tessuti vegetali freschi allo stato embrionale in via di sviluppo vegetativo: gemme, giovani getti, radichette.
La materia prima dev’essere raccolta proprio alla ripresa vegetativa, quando ancora non si è differenziata, ma è più ricca di linfa, tessuti e sostanze, anche ormonali, che poi non si ritroveranno più nella pianta adulta.
Siamo all’opposto della fitoterapia classica: nei gemmoderivati non abbiamo, almeno in misura prevalente o caratterizzante, flavoni, tannini, alcaloidi, talora nemmeno clorofilla, ma glucidi, auxine, citochinine, gibberelline, materiale caratterizzato da una grande potenzialità energetica che darà, poi, luogo a foglie, fiori, ma anche a legni, fusti! Pensate a una gemma di tiglio o di ippocastano che, formatasi nell’autunno, passata allo stato di gemma dormiente per tutto l’inverno, darà poi un ramo lungo anche più di un metro che poi porterà decine di foglie, grappoli di fiori e frutti. Ebbene, tutte queste potenzialità sono presenti nella gemma formatasi sul finire dell’autunno, ma che, in quanto gemma, non conterrà le sostanze presenti allo stadio adulto e nemmeno quelle presenti poi nelle parti officinali della specie utilizzate dalla fitoterapia classica.
Cosa contiene una gemma?
La gemma può essere considerata come una fonte di cellule: essa infatti è costituita dal tessuto meristematico, che ha il compito di costruire migliaia di cellule vegetali indispensabili per la crescita e il pieno sviluppo della pianta. Nei tessuti embrionali sono presenti biostimoline tissutali (o fattori di crescita) che ne controllano e ne regolano lo sviluppo armonioso. Nelle gemme si trovano inoltre amminoacidi (in particolare arginina, prolina, alanina), sostanze minerali, oligoelementi, enzimi, vitamine e importanti concentrazioni di flavonoidi.
La presenza delle biostimoline determina una parte importante delle proprietà terapeutiche dei gemmoterapici. Già nel 1945 Filatov, scrisse: “Ogni tessuto umano, animale o vegetale, mantenuto in stato di sopravvivenza, messo però in condizioni di sofferenza, reagisce difendendosi con la produzione di speciali sostanze di resistenza (stimolatori biogeni o biostimoline) che, introdotte a loro volta in un organismo vivente umano, animale o vegetale, ne riattivano i processi organici vitali migliorandone la potenzialità difensiva verso le alterazioni morbose”.
Come si preparano i gemmoderivati?
Attualmente sono 55 i macerati glicerici (M.G.) e manifestano ciascuno un’azione elettiva nei confronti di alcuni organi o apparati.
La maggior parte dei laboratori a partire dal macerato-madre o macerato glicerinato (M.G.) attua in una miscela di acqua, alcol e glicerina una successiva diluizione alla prima decimale hahnemanniana (1DH): una parte del preparato di base (M.G.) viene diluita con 9 parti di una miscela contenente 50 parti in peso di glicerina, 30 parti di alcol e 20 parti di acqua. Il tutto viene sottoposto ad agitazione per miscelare in modo ottimale il preparato. Comunemente il grado alcolico raggiunto è di 38°. Quanto ottenuto rappresenta una soluzione 10 volte più diluita rispetto al macerato base. Tale preparato viene definito come macerato glicerico (M.G.) alla prima decimale hahnemanniana (1DH) ovvero M.G.1DH, comunemente conosciuto come “gemmoderivato”.
La concentrazione alla prima decimale hahnemanniana assicura, dal punto di vista clinico, un optimum terapeutico: “Questa diluizione a 1/10°, prima decimale hahnemanniana, è la forma farmaceutica dei rimedi gemmoterapici. Ed è la sola forma che dev’essere prescritta, poiché ha la massima attività e soprattutto la più costante” (Tétau M., Gemmoterapia nuovi studi clinici, IPSA, Palermo 1989, p. 13).
Indagini scientifiche sui gemmoderivati
Le prime indagini relative alla composizione dei gemmoderivati appartengono al professor Netien e riguardano le gemme di Ribes nigrum, mentre a Ramussent (1972) e Didry (1977) si deve lo studio sulle variazioni dei principi attivi di Rosmarinus officinalis durante le varie fasi della crescita. Lo studio cromatografico ha permesso di isolare e quantificare la diversa percentuale di principi attivi presente nelle varie specie di una stessa pianta e di confrontare la composizione dei principi attivi fra i tessuti vegetali nei loro differenti stadi di maturazione. Lo studio analitico ha comportato l’analisi chimica delle gemme e l’analisi sulla differenza di struttura chimica fra la pianta adulta e la gemma.
Vari sono stati gli studi intrapresi, nel corso degli anni, volti a verificare la validità terapeutica dei gemmoderivati. Sono stati così dimostrati, oltre all’effetto stimolante di Betula pubescens sul sistema reticolo-endoteliale (test di Halpern), l’attività antinfiammatoria di Ribes nigrum e Sequoia gigantea, l’attività sedativa di Tilia tomentosa, l’azione sul sistema cardiovascolare di Crataegus oxyacantha e l’attività ipotensiva di Olea europea.
Nello studio della gemmoterapia appare evidente come i gemmoderivati possano essere un importante strumento nel prevenire e contrastare i processi di invecchiamento cellulare. Scrive Tétau: “La gemma, poiché è la parte più giovane della pianta, poiché contiene tutte le sostanze che permettono a un giovane organismo vegetale di autogenerarsi, viene ad avere un’azione di rigenerazione, di rinnovamento e di antiinvecchiamento sull’organismo ‘animale umano’ (Tétau M., Scimeca D., op. cit., p. 52). I tessuti embrionali pertanto avrebbero la potenzialità di aiutare le cellule del nostro corpo a riparare i guasti dovuti ad esempio allo stress ossidativo: questa intuizione sembra confermata dalla segnalazione relativa alle proprietà antiradicaliche dei giovani getti di Rosmarinus officinalis (vedi post). Anche le gemme di Ribes nero gemmoderivato, ricche in vitamina C, manifestano un’importante azione antiossidativa.
Grazie alla ricchezza e varietà dei processi biochimici che avvengono nella gemma, la quale possiede un potenziale energetico considerevole dovuto alla presenza di ormoni, flavonoidi e peptidi, principi dotati di proprietà tali da stimolare il metabolismo cellulare e che consentono alla gemma di arrivare alla fioritura, l’attenzione dei farmacologi così come dei cosmetologi si è concentrata su questo momento della vita vegetale, al fine di ricavare i cosiddetti “gemmoderivati” da utilizzare, oltre che nella pratica clinico-medica, anche in fitocosmesi. Fra i primi gemmoderivati usati in cosmesi, oltre al Faggio e all’Ippocastano, vanno ricordati quelli di Mandorlo (Prunus amygdalus Stok.), Rosa canina (Rosa canina L.) e Tiglio (Tilia tomentosa Moench.), i quali trovano in cosmesi una valida e sicura applicazione, in quanto favoriscono il mantenimento di un’ideale “omeostasi cutanea” e quindi aiutano la pelle, in veste di delicati “fitostimolatori”, a mantenersi in buone condizioni fisiologiche (Proserpio G., 1995).
Le gemme sembrano pertanto costituire, in cosmesi, un concentrato di fitostimoline, cioè di sostanze allo stato nativo, che promuovono la stimolazione tessutale, sia essa vegetale che animale, senza peraltro alterare l’equilibrio fisiologico della cute.
Come si assumono i gemmoderivati?
Per l’adulto la posologia media di un gemmoderivato (M.G.1DH) è di 50 gocce diluite in acqua, 1-2 volte al dì, generalmente 15 minuti prima dei pasti principali, per almeno 20 giorni al mese per uno o più mesi, a seconda della patologia da trattare e del giudizio medico. Il quantitativo di acqua consigliato per diluire le gocce generalmente è di mezzo bicchiere. È buona norma raccomandare di trattenere in bocca per circa un minuto oppure di sorseggiare lentamente al fine di favorire un assorbimento ottimale.
In ambito pediatrico si inizierà la somministrazione dei gemmoderivati dopo i 2 anni d’età per la presenza di alcol e glicerina. La posologia consigliata nel bambino sotto i 6 anni di età è 1 goccia pro chilo (peso del bambino), 1-2 volte al dì. Dopo i 6 anni, più genericamente si consigliano 20-40 gocce, sempre diluite in acqua, 1-2 volte al dì. La prescrizione sarà protratta per 20 giorni al mese per uno o più mesi, a seconda della patologia da trattare e del giudizio medico. Anche in questo caso si consiglia di somministrare lentamente a piccoli sorsi per assicurare il massimo assorbimento. È possibile aggiungere miele (o zucchero) se il bimbo non gradisce il sapore.
Consigli su come utilizzarli in Sinergismo.
È buona norma, come sottolinea Tétau, non associare nello stesso flacone sia più gemmoderivati sia gemmoderivati con tinture, olii essenziali ecc., in quanto si possono creare alterazioni dal punto di vista farmacologico: “ […] tutte queste gemme devono essere prescritte in flaconi separati. La loro associazione nello stesso flacone rischia di provocare delle reazioni farmacologiche interne che possono modificare o alterare le loro proprietà terapeutiche” (Tétau M., op. cit., IPSA, Palermo 1989, p. 14).
Tale concetto è stato recentemente ribadito dall’autore (2005). Di uguale parere Brigo che scrive: “È preferibile la precrizione di gemmoderivati singoli o in associazione, ma non nella stessa somministrazione (flaconi separati)” (Brigo B., op. cit., 1997, p. 36). È possibile, peraltro, miscelare nello stesso bicchiere d’acqua “estemporaneamente” i gemmoderivati subito prima dell’assunzione.
Come conservarli
La conservazione dei gemmoderivati segue le norme stabilite dalla Farmacopea francese: conservazione al fresco, al riparo dalla luce e dunque in flaconi scuri ben chiusi. Non possono essere utilizzati dopo che sono trascorsi 5 anni dalla fabbricazione.
Considerazioni finali di rilievo
100 g di gemmoderivato contengono solo 0,5 g di pianta essiccata.
Però si ricordi che il gemmoderivato non si prepara dalle parti considerate officinali della pianta come per tutte le altre forme galeniche, ma dalle gemme o giovani getti: non tiglio “fiori con brattee”, ma tiglio “gemme”, non rosa canina “fiori” o “cinorrodi”, ma “giovani getti”; e che le sostanze attive presenti sono ben diverse come differenti sono, spesso, le azioni.
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